LOBO FRONTALE E ATTENZIONE
CORTECCIA FRONTALE
La corteccia frontale, ed in particolare quella prefrontale (PFC), presenta connessioni con numerose aree cerebrali tali da porla nella posizione di ricevere informazioni di qualunque genere sia dall'ambiente esterno che da quello interno all'organismo.
Vediamo infatti che la PFC è unita attraverso una fitta rete di connessioni reciproche con tutte le altre aree corticali: le aree premotorie e motorie pre-rolandiche, le aree sensoriali retrorolandiche, la corteccia cingolata e la corteccia entorinale (ippocampo), il talamo, l'ipotalamo, l'amigdala, i gangli della base e, più caudalmente, con diverse strutture del tronco encefalico, tra cui il locus coeruleus (noradrenalina), i nuclei del rafe (serotonina), altre regioni della formazione reticolare, la sostanza nera e il tegmento mesencefalico (dopamina).
In virtù di tali connessioni reciproche la PFC occupa una posizione unica nell'economia cerebrale costituendo una sovrastruttura terziaria sovrapposta a tutte le altre aree cerebrali implicate nelle funzioni cognitive più elevate; per tale ragione una sua lesione si ripercuote necessariamente su queste ultime.
- DEFICIT MNEMONICI E DI ORGANIZZAZIONE TEMPORALE DELLE ESPERIENZE
I deficit mnemonici osservati nei pazienti con lesioni frontali non riguardano i contenuti dei ricordi quanto piuttosto il modo di gestirli: si tratterebbe cioè di un deficit della memoria operativa.
In seguito a lesioni frontali si verifica quanto segue:
- Il contenuto della memoria esplicita a lungo termine non è compromesso.
- Il contenuto e i processi di memoria a breve o medio termine non risultano compromessi.
- La memoria implicita appare conservata.
- I pazienti prefrontali presentano deficit nell’organizzazione temporale dei ricordi: essi cioè nel tempo passato confondono l’ordine temporale in cui gli avvenimenti sono accaduti, con un maggior coinvolgimento del lobo frontale sinistro per gli stimoli verbali e del lobo frontale destro per gli stimoli figurativi o spaziali.
- Difficoltà nel valutare la frequenza con cui gli eventi si sono presentati, il che rende impossibile una corretta pianificazione del proprio comportamento.
- Incapacità di mantenere un piano generale di azioni e quindi di memoria prospettica.
- Confabulazioni: dovute alla mancanza del il flusso dei ricordi e dei pensieri.
- DEFICIT DI APPRENDIMENTO E DI IMPIEGO DI STRATEGIE
Tipicamente il paziente frontale è incapace di ideare ed usare spontaneamente una strategia.
In particolare si osservano frequenti errori e inosservanza delle regole richieste dall'esaminatore, questi pazienti cioè compiono frequenti errori poiché non riescono a selezionare comportamenti consoni alle regole imposte dall'esaminatore, e perseverano sui comportamenti errati nonostante le segnalazioni.
I pazienti prefrontali infatti trovano difficoltà ad interiorizzare le regole di comportamento per poi utilizzarle autonomamente senza suggerimenti esterni.
Tali pazienti migliorano la prestazione nel corso delle prove con un andamento lineare e rivelando difficoltà proporzionali alla novità della situazione.
- FLESSIBILITA’ SPONTANEA E REATTIVA
La flessibilità cognitiva è la capacità di mutare strategie di pensiero o di comportamento per far fronte alle situazioni.
La flessibilità spontanea è la capacità di mutare strategie di pensiero o di comportamento spontaneamente, mentre la flessibilità reattiva su richiesta del contesto.
Entrambe le forme di flessibilità risultano ridotte nei pazienti con lesioni alla PFC.
Flessibilità spontanea: Fluenza verbale, Rigidità
Riguardo alla flessibilità spontanea, i pazienti frontali sinistri mostrano una certa rigidità nei test di fluenza verbale in cui, ad esempio, viene chiesto di scrivere in 5 minuti il maggior numero possibile di nomi comuni inizianti con una determinata lettera.
Tale deficit sembra essere connesso sia alla scarsa capacità di verbalizzazione, dovuta alla lesione dei centri linguistici, sia alla povertà di iniziativa tipica di queste lesioni.
Da un altro esperimento è emerso che i pazienti frontali sinistri mostrano difficoltà nel reperire parole secondo una categoria fonetica mentre mostrano meno difficoltà nel reperire parole in base alle categorie semantiche.
Si ipotizza che il paziente frontale sia in difficoltà solo quando deve utilizzare una strategia di ricerca insolita, come accade con la categoria fonetica, mentre non lo è quando utilizza una strategia più consolidata, come nel caso della categorizzazione semantica.
Simili risultati si sono ottenuti con pazienti frontali destri in compiti di fluenza con materiale figurativo e nei pazienti sottoposti a test di fluenza gestuale.
La compromissione della flessibilità spontanea nei pazienti frontali, e quindi una maggiore rigidità, è stata rilevata anche a livello percettivo.
Flessibilità reattiva: Astrazione, Perseverazioni
E’ opinione largamente condivisa che i pazienti frontali siano incapaci di astrarre, e cioè di isolare mentalmente specifiche caratteristiche degli oggetti della realtà da altre, in modo da poter cogliere quelle che li accomunano o li differenziano.
A causa di questa difficoltà, il paziente frontale rimane legato all'immediatezza e alla concretezza della situazione, dominato da reazioni automatiche ed abitudinarie.
Tale ipotesi sembra essere confermata da diverse ricerche, a partire da quelle basate sul test di Weigl e sul WCST. Gli errori dei pazienti prefrontali non erano dovuti ad assegnazioni casuali nel WCST, ma alle perseverazioni nello scegliere la categoria che era stata corretta nella fase precedente del test e che non lo era più in quella attuale, nonostante la consapevolezza di tali pazienti di essere in errore con tanto di manifestazione verbale di disappunto. La loro difficoltà dunque non era tanto nella capacità di categorizzazione, quanto piuttosto nella capacità di abbandonare un metodo di classificazione ormai consolidato per adottarne uno nuovo consono alle nuove richieste dall'esaminatore.
Si ritiene che la funzione di adattamento alle richieste ambientali a partire da informazioni giunte in successione temporale, sia mediata delle aree prefrontali mesiali e non da quelle orbitali, mentre l'importanza della DL-PFC e VL-PFC rimane controversa.
- COSTRUZIONE DEL CONCETTO
Uno dei deficit riscontrabili nei pazienti prefrontali, è l’incapacità di costruire concetti o teorie attraverso la formulazione di ipotesi e la loro verifica utilizzando gli elementi disponibili per poterle accettare o rifiutare.
Tale incapacità è riconducibile fondamentalmente a 2 fattori: il primo è che il paziente non riesce ad elaborare simultaneamente elementi molteplici acquisiti in successione; il secondo è che, pur essendo in grado di recepire le informazioni positive che confermano le sue ipotesi, non è in grado di trarre profitto da quelle negative e quindi di abbandonare l'ipotesi sbagliata.
- TEST DI LEVINE
Il test di Levine consente di capire se il soggetto formula ipotesi o meno, se le ipotesi formulate sono coerenti con le informazioni che ha ricevuto, se utilizza in egual modo le informazioni positive e quelle negative ed infine se attua un comportamento coerente con l'ipotesi formulata.
Da una ricerca condotta utilizzando questo test è emerso quanto segue:
- I pazienti frontali, al pari dei soggetti normali, sono in grado di formulare ipotesi.
- I pazienti frontali usano poche ipotesi appropriate dopo il secondo ed ancor meno dopo il terzo rinforzo, rivelando una crescente incapacità a tener presenti i termini necessari alla soluzione del problema non appena il loro numero superi una certa soglia.
- I pazienti frontali riescono ad utilizzare i rinforzi positivi ma non quelli negativi, per cui continuano a perseverare sull’ipotesi considerata precedentemente nonostante che sappiano che sia errata.
I rinforzi positivi e negativi infatti richiedono al soggetto un diverso livello di impegno. I primi rafforzano l'ipotesi del soggetto senza richiedere ulteriori elaborazioni; il rinforzo negativo invece costringe il soggetto a classificare la sua attuale ipotesi come errata e a cercarne una nuova, operazione quest'ultima che richiede l’elaborazione contemporanea di più informazioni.
Paradigma
Nel test di Levine il soggetto è posto di fronte a stimoli costituiti da coppie di elementi, ciascuno dei quali può variare in base a quattro caratteristiche: la forma (X o T), la dimensione (grande o piccola), il colore (rosso o azzurro) e la posizione (destra o sinistra).
Vengono presentate 16 coppie di stimoli ciascuna delle quali presenta un accoppiamento di caratteristiche diverso dalle altre coppie di stimoli.
Compito del soggetto è quello di intuire quale delle quattro caratteristiche è quella corretta sulla base del giudizio di correttezza o meno espresso dall'esaminatore nelle prove 1, 6 e 11.
Ad esempio se nella prova 1 il soggetto sceglie uno dei due elementi della coppia <X,T>, poniamo X, e l'esaminatore afferma che la scelta è corretta, il soggetto può fare 4 ipotesi circa la caratteristica corretta intesa dall'esaminatore: ossia che sia la forma X, la dimensione piccola, il colore azzurro e la posizione sinistra. Le altre quattro caratteristiche sono invece scartate.
Giunto alla prova 6 l'esaminatore fornisce un altro rinforzo al fine di ridurre il numero delle ipotesi possibili a due. Nella prova numero 11 l’esaminatore fornisce l'ultimo rinforzo riducendo delle ipotesi possibili a uno.
Dalle prove comprese tra le prove 1, 6 e 11 l’esaminatore può verificare se il soggetto ha formulato qualche ipotesi o no, se le ipotesi formulate sono coerenti con le informazioni che ha ricevuto, se utilizza in egual modo le informazioni positive e quelle negative ed infine se attua un comportamento coerente con l'ipotesi formulata.
Il test di Levine quindi permette di seguire le tappe di costruzione del concetto in modo più analitico rispetto al WCST.
TEST WCST
Nel 1948 Grant e Berg idearono una diversa versione del test di Weigl definita WCST (Wisconsin card sorting test).
In questo test il soggetto viene posto davanti a 4 cartoncini, ciascuno dei quali differisce dagli altri per le specifiche caratteristiche dei disegni che riporta, in particolare numero, forma e colore.
Per cui ad esempio le 4 figure modello sono:
a) 1 triangolo rosso
b) 2 stelle verdi
c) 3 croci gialle
d) 4 cerchi azzurri
In seguito vengono presentati, uno alla volta, 128 cartoncini ciascuno riportante una figura che possiede 3 caratteristiche appartenenti a 3 dei 4 modelli: per cui ad esempio una delle 128 carte può essere 1 stella gialla, sicché tale figura possiede la caratteristica “numero 1” del primo modello, la caratteristica “forma di stella” del secondo e la caratteristica “colore giallo” del terzo.
In tal modo ciascuna delle 128 carte può essere categorizzata sulla base di una di queste tre caratteristiche, numero, colore e forma.
Compito del soggetto è quello di riporre ciascuna delle 128 carte sotto il modello che possiede la caratteristica sulla base del metodo di categorizzazione scelto. Ad esempio nel caso della categoria “colore” tutte le figure gialle saranno poste sotto il terzo modello, quelle rosse sotto il primo, ecc.
Ad ogni assegnazione l’esaminatore riferisce al soggetto se essa è corretta o scorretta.
Inizialmente vengono definite giuste le assegnazioni effettuate sulla base del colore, dopo 10 risposte corrette consecutive quelle eseguite per forma e infine quelle per numero, senza che l’esaminatore avverta esplicitamente il soggetto del cambiamento di criterio.
Il soggetto dunque deve intuire il nuovo criterio sulla base del feedback dell’esaminatore e, una volta individuato, organizzare le carte in base al nuovo criterio.
Tale test dovrebbe evidenziare la capacità di astrazione dell’individuo e cioè quella di trarre da enti distinti fra di loro, i caratteri comuni in modo da poter dedurre una teoria generale valevole per tutti.
Utilizzando questo test è emerso che i pazienti con lesioni della PFC latero-mesiale sia sinistra che destra identificano la metà delle categorie e commettono il doppio degli errori rispetto a pazienti con lesioni retrorolandiche e della PFC orbitale; sul ruolo della DL-PFC ci sono pareri controversi.
- DEFICIT DI GIUDIZIO E DI CRITICA
Una caratteristica tipica del paziente frontale è quella di apparire irriflessivo e insulso, egli cioè presenta un deficit nel giudicare la realtà, specie quando la situazione da valutare sia nuova o complessa e richieda un piano per la sua analisi.
Ciò è quanto è emerso da diverse ricerche come quella di Milner, in cui ai soggetti veniva chiesto di valutare il prezzo di 16 oggetti presentati in miniatura. Risultò che i pazienti prefrontali latero-mesiali commettevano più errori dei soggetti normali e con lesioni in altre regioni corticali.
Si ipotizza che per la soluzione di simili problemi sia necessario attuare un processo in cui le informazioni immagazzinate nella MLT e quelle provenienti dall'ambiente vengano elaborate contemporaneamente.
- PROGETTAZIONE E LUNGIMIRANZA
Le aree prefrontali sembrano svolgere un ruolo determinante nella progettazione del comportamento per il raggiungimento di specifici scopi.
Secondo Shallice la PFC svolge un ruolo centrale nella previsione delle conseguenze del proprio comportamento e nella valutazione della sua adeguatezza rispetto allo scopo finale.
Le aree precentrali quindi costituiscono l'epicentro del sistema attentivo supervisore. E’ per questa ragione che le lesioni della PFC non determinano deficit di specifiche abilità cognitive, ma deficit che riguardano tutte le abilità cognitive nel momento in cui l'individuo deve affrontare situazioni nuove e complesse per le quali non esistono soluzioni conosciute.
Per dimostrare queste ipotesi, l'autore ha utilizzato il paradigma della Torre di Londra, in cui il soggetto deve collocare tre dischi in tre pioli passando col minor numero di mosse possibile dalla configurazione iniziale a quella finale, entrambe mostrategli precedentemente.
L'intero test consiste in 12 problemi a difficoltà crescente: quattro risolvibili in due o tre mosse, quattro in quattro mosse e cinque in cinque mosse.
Tale compito necessita quindi di un'attività programmatoria tanto più complessa quanto più elevato in numero di mosse. In tale compito i pazienti con lesioni frontali o prefrontali mostrarono una prestazione peggiore rispetto al pazienti con altri tipi di lesioni, soprattutto nelle prove più complesse.
- SISTEMA ATTENTIVO SUPERVISORE DI NORMAN E SHALLICE
Secondo Shallice la PFC svolge un ruolo centrale nella previsione delle conseguenze del proprio comportamento e nella valutazione della sua adeguatezza rispetto allo scopo finale.
L'autore ha proposto un modello gerarchico in cui si distinguono due livelli organizzativi e due sistemi corrispondenti.
Per quanto riguarda i problemi già sperimentati ed affrontati, per i quali dunque si conosce il modo di risolverli, vengono attivati in modo rapido ed automatico, ma anche stereotipato e rigido, algoritmi precostituiti e cioè schemi comportamentali e cognitivi già esistenti e memorizzati; l'apparato che media tale attività è chiamato «sistema selettivo».
Di fronte a problemi per i quali non si possiede una soluzione precostituita, il soggetto deve selezionare ed organizzare o pianificare le informazioni e gli schemi cognitivi e comportamentali in modo nuovo e consono al fine da raggiungere.
Tale processo richiede tempo e impegno attentivo e consente all’individuo di trovare soluzioni flessibili e affidabili proprio grazie alla possibilità di effettuare le necessarie correzioni prima e durante l'esecuzione del compito. Il sistema di controllo alla base di questo processo è definito «sistema attentivo supervisore».
- INIBIZIONE E AUTOCONTROLLO: SINDROME DA DIPENDENZA AMBIENTALE
Spesso i pazienti frontali presentano quella che Lhermitte definì «sindrome da dipendenza ambientale», e cioè comportamenti di imitazione e di utilizzazione che implicano rispettivamente una dipendenza dall'ambiente sociale e fisico.
Nel caso dei comportamenti di imitazione questi pazienti tipicamente riproducono senza alcun motivo atteggiamenti ed espressioni verbali dell'esaminatore.
Nel caso dei comportamenti di utilizzazione si tratta di comportamenti abituali e stereotipati innescati di volta in volta da diversi aspetti della realtà. Questi pazienti, posti di fronte ad oggetti che sono abituati ad utilizzare, li manipolano e li usano come erano o sono soliti fare senza alcun invito e senza alcuna ragione.
Si tratta dunque di comportamenti impulsivi che, secondo lo stesso autore, sono dovuti al venir meno della funzione di controllo e di inibizione svolta dal lobo frontale sulla corteccia parietale. Quest'ultima infatti, per sua natura, riceve ed integra le informazioni che incessantemente giungono dalle circostanti aree sensoriali.
Questa funzione inibitrice e regolatrice sembra essere svolta principalmente dalle aree orbitali e mesiali ed è indispensabile perché assicura all'individuo di poter selezionare le informazioni da elaborare sulla base degli obiettivi e quindi dei progetti per i quali sembra fondamentale la DL-PFC.
- DISTURBI DI PERSONALITA’
Sulla base di indizi derivanti dalle osservazioni neurofisiologiche e neuroanatomiche si ritiene che le aree frontali maggiormente implicate nel comportamento emotivo siano quelle orbitali ed eventualmente quelle mesiali.
Secondo Kleist una lesione alla corteccia mesiale produce una «sindrome pseudodepressa», caratterizzata da un tono depresso dell'umore e da una riduzione di ogni attività, in particolare abulia, apatia e inerzia. Invece la lesione della corteccia orbitale porterebbe ad una «sindrome pseudopsicopatica» caratterizzata da un tono dell'umore euforico-maniacale e da una marcata disinibizione che si manifesta in impulsività, volubilità, puerilità, egocentrismo ed edonismo anche sessuale.
Secondo Abbruzzese una disfunzione della DL-PFC porterebbe a disturbi schizofrenici, mentre una disfunzione della corteccia orbitaria a disturbi di tipo ossessivo-compulsivo.
Per quanto riguarda la depressione, secondo alcuni autori essa sarebbe provocata da lesioni della corteccia prefrontale orbitaria, a prescindere dall'emisfero interessato. Per altri autori la lesione della PFC orbitale destra causerebbe ansia e depressione, mentre la sinistra rabbia e ostilità.
- CORTECCIA PRE-MOTORIA, MOTORIA SUPPLEMENTARE E OCULOMOTORIA
Diverse ricerche hanno evidenziato che diverse aree del lobo frontale, quali l'area motoria supplementare, l'area oculomotoria, l'area premotoria laterale e la PFC, sono implicate nei fenomeni di attenzione selettiva sensoriale e motoria, soprattutto se intenzionale.
E’ tuttavia evidente che nell’attenzione sono implicate altre strutture come la corteccia parietale posteriore, il talamo, i gangli della base e la formazione reticolare.
L’area motoria supplementare sembra indispensabile per l'iniziativa motoria in compiti eseguibili secondo schemi o programmi già interiorizzati dal soggetto; la sua lesione infatti produce acinesia, bradicinesia e aspontaneità motoria.
La BA 8 e l’area premotoria laterale sembrano impegnate nell'organizzazione del movimento in funzione degli stimoli sensoriali. Essi partecipano nel dirigere l'attenzione sugli stimoli rilevanti per caratteristiche fisiche o spaziali e sui distretti corporei che devono essere preparati per attuare il movimento.
LESIONI E DISTURBI
- LESIONI DEL LOBO FRONTALE
Vi sono indizi che il lobo frontale intervenga nella generazione dell'iniziativa motoria necessaria a volgere lo sguardo in una direzione attesa (prevista).
Il lobo frontale interviene nell'analisi di scene complesse che si articolano attorno ad un evento centrale. Il soggetto normale esplora i vari elementi della scena spostando ripetutamente lo sguardo su di essi per stabilire le relazioni che li legano al fine di estrarre un senso generale all'intera scena. I pazienti frontali al contrario effettuano una ricerca assai più limitata, con un numero di saccadi nettamente inferiore, spesso arrestandosi su un dettaglio secondario anche quando l'esaminatore fornisce aiuti.
E’stato ipotizzato che ciò sia dovuto sia ad un deficit di iniziativa esploratoria, che all'incapacità di confrontare ed organizzare gli elementi percepiti in successione in una scena unica dotata di significato.
- EMINATTENZIONE MOTORIA E SENSORIALE NEI PAZIENTI FRONTALI
I pazienti frontali possono mostrare emiinattenzione motoria e cioè l’incapacità o riluttanza ad usare lo spazio controlaterale alla lesione come campo d'azione per entrambi gli arti di entrambi i lati, ed emiinattenzione sensoriale controlaterale e cioè l'incapacità o difficoltà ad avvertire e valutare gli avvenimenti che accadono nello spazio opposto alla lesione.
Entrambi questi fenomeni tuttavia sono più frequenti e gravi nelle lesioni parietali.
A tal proposito è possibile che tali sintomi siano dovuti ad una sofferenza parietale determinata dalla lesione frontale.
- LESIONI DI AREA 8 E AREA MOTORIA SUPPLEMENTARE
I pazienti con lesioni dell'area 8 e dell'area motoria supplementare sono incapaci di mantenere intenzionalmente lo sguardo fisso su un punto centrale alla comparsa di uno stimolo visivo periferico. Essi invece riescono a mantenerla se il compito richiede l'analisi della figura situata nel punto di fissazione.
I pazienti con lesione dell'area oculomotoria e dell'area motoria supplementare non hanno difficoltà nello spostare in modo riflesso lo sguardo verso uno stimolo che compare perifericamente in una posizione presegnalata, con un'accuratezza ed una latenza normale. Al contrario, se lo stimolo compare in una posizione diversa da quella presegnalata, essi rivolgono lo sguardo erroneamente.