DISTURBI DEL LINGUAGGIO NELLE DEMENZE


- DEFICIT DEL LINGUAGGIO NELL’AD (Alzheimer Desease)

I pazienti affetti da Malattia di Alzheimer presentano deficit di linguaggio, in particolare si può sostenere quanto segue:

–         In fase precoce i deficit linguistici possono assumere caratteristiche variabili o essere del tutto assenti.

–         Nelle fasi intermedie essi assumono caratteristiche tipiche con una prevalenza dei deficit semantico-lessicali, che possono originare a diversi livelli di elaborazione, potendo essere causate sia dal degrado delle rappresentazioni semantiche che dalla difficoltà di accesso ed elaborazione di esse.

–         Capacità fonologiche ed articolatorie risparmiate. Il quadro tipico è quello di un'afasia fluente, in particolare quelli dell'afasia di Wernicke e dell'afasia amnesica.

–         Non vi è un accordo unanime circa la loro incidenza, stimata a seconda dello studio, tra il 50 e l'85%. Secondo alcuni autori addirittura sarebbe presente in tutti i soggetti esaminati sin dalle fasi più precoci.

- EVOLUZIONE DEI DEFICIT LINGUISTICI NELL’AD

Secondo la descrizione tradizionale i deficit linguistici nei pazienti AD evolvono in un modo tipico attraverso alcune fasi ben caratterizzate:

-           Una fase precoce in cui i pazienti riferiscono difficoltà ad evocare nomi di uso non frequente e a concentrarsi sul discorso; è inoltre riscontrabile un impoverimento del contenuto informativo e un incremento nell'uso di forme pronominalizzate più marcato del normale.

-           Una fase un po’ più avanzata attorno al secondo-terzo anno di malattia in cui il quadro è simile a quello di un’afasia fluente come quella di Wernicke o quella amnesica, con un aumento dell'impoverimento del linguaggio spontaneo, un aumento di anomie, frasi fatte, parole passepartout ed espressione concettuale confusa.

-           Una fase intermedia attorno al terzo-quarto anno con una forte compromissione dell'eloquio spontaneo con presenza sempre più massiccia di stereotipie, frasi passepartout, anomie, linguaggio egocentrico; la comprensione è abbastanza compromessa, la scrittura e la denominazione gravemente compromesse. La ripetizione e la lettura ad alta voce sono ancora conservate.

-           Una fase finale attorno al quinto-sesto anno, con eloquio spontaneo assente o comunque ridotto a stereotipie, ecolalie ed automatismi, grande deficit di comprensione e spesso logoclonia, che consiste in un flusso incontrollato di sillabe o di segmenti verbali e ripetuti continuamente.

Ricerca di Gavazzi

La tradizionale riduzione dei deficit linguistici dei pazienti AD ad un quadro unitario tipico, costituisce un'eccessiva semplificazione che maschera invece la presenza di molte differenze interindividuali, come evidenziato dallo studio di Gavazzi su un campione di 19 pazienti di età media di 64 anni con una durata della malattia di circa un anno.

Tali soggetti sono stati sottoposti alla versione italiana dell’AAT e a prove supplementari come quelle di denominazione su definizione e in libera associazione, per lettera iniziale e per categoria.

È risultato quanto segue:

-           Eloquio spontaneo lievemente compromesso con disturbi della struttura sintattica e fonemica.

-           Denominazione per confronto e comprensione più compromesse della ripetizione e del linguaggio scritto.

-           Circa il 90% dei pazienti mostra disturbi di linguaggio variabili per gravità e tipo; di questi un paziente mostra un deficit non fluente e tutti gli altri un deficit fluente classificabile come afasia di Wernicke e amnesica.

-           Dopo 6-12 mesi si è riscontrata un'estrema variabilità di gravità e qualità nell’evoluzione dei disturbi linguistici. 

- DEFICIT LINGUISTICI NELL’INVECCHIAMENTO NORMALE:

FUNZIONI FLUIDE E CRISTALLIZZATE

Una delle difficoltà metodologiche spesso riscontrate nelle ricerche sui deficit neuropsicologici e del linguaggio nelle sindromi demenziali deriva dalla mancanza di una precisa definizione circa la presenza e l'evoluzione, nel corso del normale invecchiamento, di quegli stessi deficit.

La maggior parte dei soggetti anziani infatti riferisce deficit cognitivi soprattutto a carico della memoria di lavoro e della concentrazione.

A tal riguardo Horn e Cattell sostengono che la compromissione riguarda prevalentemente le cosiddette funzioni fluide e cioè capacità come quelle di risolvere problemi o di svolgere compiti di una certa complessità che richiedono l'uso di un'elaborazione cognitiva in parallelo e l'apprendimento di nuove informazioni e strategie, con un generale rallentamento cognitivo e di risposte motorie. Sarebbero invece risparmiate le funzioni cristallizzate ,e cioè tutte quelle abilità e funzioni ben strutturate perché ben apprese nel passato. Tra queste funzioni vi sarebbe anche il linguaggio che quindi, nell'invecchiamento normale, non subirebbe un particolare deterioramento. Non sarebbero compromesse la ripetizione, la scrittura sotto dettato e la lettura ad alta voce.

- EPIDEMIOLOGIA  DEI DEFICIT DEL LINGUAGGIO NELL’AD

Non vi è un accordo unanime circa la frequenza dei deficit di linguaggio nei pazienti AD. A seconda degli studi infatti essa avrebbe un'incidenza tra il 50 e l'85%.

Secondo alcuni autori addirittura deficit linguistici sarebbero presenti in tutti i soggetti esaminati sin dalle fasi più precoci.

Tali differenze sono attribuibili a questioni metodologiche, in particolare la selezione del campione e i metodi utilizzati per studiare i deficit linguistici.

Una sovrastima dell'incidenza potrebbe ad esempio dipendere dall'adozione di metodi diagnostici che non tengano sufficientemente conto delle normali modificazioni dovute all’ invecchiamento.

 - ASSOCIAZIONE TRA DEFICIT LINGUAGGIO E ALTRI DEFICT COGNITIVI

Per quanto riguarda l'associazione tra deficit del linguaggio e gli altri deficit neuropsicologici riscontrati tipicamente nei pazienti AD, da uno studio di Della Sala è emerso quanto segue:

-           Il 56% dei pazienti AD presenta deficit diffusi del linguaggio, della memoria e visuo-spaziali.

-           Il 18% presenta deficit di linguaggio e di memoria.

-           Il 10% presenta esclusivamente deficit linguistici.

-           Il restante 15% presenta deficit di memoria e visuo-spaziale.

Questi dati sono stati sostanzialmente confermati anche da altre ricerche, tra cui quella di Price, da cui è emerso che il linguaggio è compromesso in modo almeno lieve in circa l'85% dei casi, in modo marcato nel 35% e in modo esclusivo nel 10%.

- DISTURBI SEMANTICO-LESSICALI

La maggior parte dei pazienti AD, nelle fasi intermedie ed avanzate della malattia, presentano deficit di natura semantico-lessicale che possono originare a diversi livelli di elaborazione dell'informazione.

Ad esempio, nel caso delle prove di denominazione di stimoli visivi, la compromissione può riguardare i seguenti livelli:

-           Livello visuo-parcettivo: il paziente non riesce a formare una rappresentazione percettiva dello stimolo.

-           Livello semantico: la rappresentazione semantica non viene attivata o per un deficit di accesso o per una sua compromissione.

-           Livello lessicale fonologico o ortografico: la rappresentazione lessicale non viene attivata o per un deficit di accesso o per una sua compromissione.

Prove a favore di un deficit di accesso sono: la Persistenza dell'effetto di priming lessicale, che dimostra l'integrità delle rappresentazioni semantiche.

Invece prove a favore della compromissione delle rappresentazioni semantiche sono: la Congruenza delle prestazioni, la  Cross-modalità del deficit, la Maggiore resistenza delle conoscenze sopraordinate, degli elementi più familiari o più frequentemente utilizzati e l’Assenza del priming semantico.

- Degrado delle Rappresentazioni semantiche

Warrington e Shallice hanno proposto un criterio per distinguere i deficit di accesso ad un sistema semantico di per sé integro, dai deficit dovuti ad una compromissione di quest'ultimo.

L'attribuzione dei deficit ad un degrado delle conoscenze semantico-lessicali, necessita della presenza dei seguenti fattori, effettivamente riscontrati in alcuni studi:

-           Congruenza delle prestazioni. Il paziente deve essere costante nella sua incapacità a rievocare le conoscenze semantiche o l’item lessicale.

-           Cross-modalità del deficit e cioè il paziente deve mostrare una difficoltà ad attivare le rappresentazioni semantiche sia in produzione che in comprensione ed in tutte le modalità sensoriali.

-           Maggiore resistenza delle conoscenze sopraordinate più generali contenute nella memoria semantica; ad essere danneggiate per prime quindi sarebbero le conoscenze più ricche di attributi.

-           Assenza del priming semantico.

-           Maggiore suscettibilità alla degradazione degli elementi meno familiari o meno frequentemente utilizzati.

Al contrario l'assenza di tali fattori è considerata segno di un deficit di accesso.

Prove e compiti

I compiti più frequentemente utilizzati nello studio dei deficit semantico-lessicali sono i seguenti:

-           Denominazione per confronto o denominazione su stimolo visivo, in cui l'individuo deve denominare la stimolo visivo presentatogli. Nei pazienti AD, secondo alcuni autori, essa risulta precocemente compromessa, mentre secondo altri è dovuta a deficit visuo-percettivi piuttosto che di natura semantico-lessicale.

-           Denominazione libera o fluenza lessicale, detta anche denominazione per generazione di liste di parole, in cui il paziente deve produrre il maggior numero possibile di parole secondo specifiche caratteristiche fonologiche, come la denominazione per lettera iniziale, o secondo caratteristiche semantico-lessicali, come la denominazione per categoria. Nel caso in cui il set di risposte sia relativamente illimitato, si parla di denominazione in libera associazione. Nei pazienti AD essa risulta precocemente e significativamente compromessa.

-           Denominazione su definizione.

-           Priming semantico, effetto che in alcuni pazienti AD è assente e in altri è presente, dimostrando rispettivamente la presenza di una compromissione della rete semantica o di un deficit di accesso ad essa.

- LIVELLI DI COMPROMISSIONE DEL SISTEMA SEMANTICO-LESSICALE

I deficit dei pazienti AD di recupero ed elaborazione delle conoscenze semantico-lessicali possono essere dovuti alla compromissione di diversi livelli di elaborazione.

Ad esempio, nel caso delle prove di denominazione di stimoli visivi, la compromissione può riguardare i seguenti livelli:

-           Livello visuo-percettivo: il paziente non riesce a formare una rappresentazione percettiva dello stimolo.

-           Livello semantico: la rappresentazione semantica non viene attivata o per un deficit di accesso o per una sua compromissione.

-           Livello lessicale fonologico o ortografico: la rappresentazione lessicale non viene attivata o per un deficit di accesso o per una sua compromissione.

DISSOCIAZIONE TRA DEFICIT MORFO-SINTATTICI E DEFICIT SEMANTICO-LESSICALI

Recentemente diversi autori hanno ipotizzato che nell’AD possa riscontrarsi una dissociazione tra disturbi morfo-sintattici e deficit semantico-lessicali.

A supporto di tale dissociazione sono le ricerche condotte dalla linguista francese Irigaray e successivamente confermati da osservazioni su pazienti singoli.

Da queste ricerche è emerso che nei pazienti AD, ad un evidente e progressivo deficit semantico-lessicale, si contrappone una relativa conservazione delle capacità morfosintattiche e fonologiche, almeno nelle prime fasi.

Secondo l'autrice si verifica un significativo decremento dell'uso delle parole di classe aperta, e cioè quelle che veicolano la maggior parte dei significati, dando origine al cosiddetto empty speech.

Bisogna inoltre sottolineare che, probabilmente a causa di fattori metodologici, i risultati di tali ricerche sono spesso contraddittori.

E’ stato proposto ad esempio che la differenza non riguardi le capacità semantiche e quelle sintattiche, ma la quantità di risorse cognitive extralinguistiche, soprattutto attentive e di memoria di lavoro, richieste dal compito.

- DEFICIT DI LETTURA E SCRITTURA

In generale i deficit di lettura ad alta voce e di scrittura sotto dettato nei pazienti AD presentano una gravità ed una tipologia estremamente variabili ed anche una scarsa correlazione con l'evoluzione del quadro demenziale generale.

Tuttavia sembra che, per quanto riguarda la lettura, il disturbo più frequente sia la dislessia fonologica mentre, tra i disturbi di scrittura, prevalgono quelli dovuti alla compromissione dell'elaborazione lessicale con il risparmio di quella segmentale.

Inoltre l'ipotesi in base alla quale nei pazienti AD si verifichi un deterioramento che evolve dal centro alla superficie, e cioè coinvolgendo inizialmente le rappresentazioni semantiche, poi quelle lessicali e infine quelle necessarie alla conversione grafema-fonema, non sembra valida per tutti i pazienti AD.

- DEFICIT LINGUISTICI NELLE DEMENZE SOTTOCORTICALI

Dai pochi studi condotti sui disturbi linguistici nelle demenze sottocorticali è emerso un quadro clinico piuttosto variabile, caratterizzato da un eloquio rallentato con alterazioni del tono, del volume e del ritmo del linguaggio.

Secondo alcuni studi recenti l'entità dei deficit linguistici in tali demenze è sovrapponibile a quella osservabile nelle demenze corticali.

- AFASIA PROGRESSIVA PRIMARIA

Per afasia progressiva primaria si intende un disturbo selettivo del linguaggio lentamente progressivo in assenza di altri deficit cognitivi.

Sul piano clinico i disturbi del linguaggio osservati in tali pazienti presentano un'estrema variabilità distribuendosi lungo tutta la tassonomia dei deficit afasici, a seconda della zona compromessa e con una prevalenza dell'emisfero sinistro.

È stato inoltre osservato che la maggior parte dei pazienti con i disturbi del linguaggio fluenti, per lo più dovuti a lesioni retrorolandiche perisilviane, evolve ad un deficit cognitivo generalizzato. Ciò  invece accade solo eccezionalmente nel caso di deficit del linguaggio non fluenti, dovuti a degenerazioni focali del lobo frontale e caratterizzati da deficit articolatori e agrammatismo.

- DIAGNOSI DIFFERENZIALE TRA DISTURBI AFASICI NEGLI AD E NEI LESI FOCALI

Solitamente la diagnosi differenziale tra i disturbi del linguaggio dei pazienti AD e di quelli con lesione focale si avvale di tre criteri principali:

-           L’anamnesi, che evidenzia un esordio acuto del deficit linguistico nei pazienti con lesione focale, che è invece assente nei pazienti AD.

-           La TAC, che evidenzia l'assenza di lesioni degenerative focali ed eventualmente la presenza di un'atrofia cerebrale diffusa.

-           L'esame neuropsicologico, che evidenzia l'assenza di altri deficit cognitivi che tipicamente caratterizzano l’AD, come i disturbi di memoria, di attenzione e di orientamento.

-           Inoltre nei pazienti AD sono assai rare le forme afasiche non fluenti caratterizzate da agrammatismo e difficoltà articolatorie, con una sostanziale assenza di afasie di Broca e di quella globale. Sono invece predominanti le forme afasiche fluenti, in particolar modo l’afasia amnesica e quella transcorticale sensoriale.

-           Infine la lettura ad alta voce e la scrittura sono solitamente meno compromesse nei pazienti AD.

 

 

 

 

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